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Settimana bianca in Sardegna?
Sulle pendici del Gennargentu la puoi fare!
La Sardegna è famosa per le sue acque turchesi di livello mondiale e lo scenario simile a quello di un jet set, che attira amanti della spiaggia e del sole da tutto il mondo. Eppure, c’è un volto più nascosto, un lato completamente diverso di quest’isola unica, che si può vivere bivaccando in un ovile deserto ai piedi del Monte Gennargentu, immersi in un’incontaminata foresta di ginepri.
Gennargentu: cos’è
Il Gennargentu è un massiccio situato a est, in Sardegna. Sorge in provincia di Nuoro, tra i comuni di Desulo e Arzana, ai margini del Golfo di Orosei. È una regione isolata e selvaggia, caratterizzata da una densità di popolazione tra le più basse d’Europa. Il significato del nome è controverso: dal sardo, potrebbe essere tradotto come porta del denaro oppure porta del vento. Il suo punto più alto è costituito da Punta la Marmora, che si erge a un’altitudine di 1834 metri: costituisce l’apice dell’isola e porta il nome di un geografo piemontese.
Il Gennargentu è il posto ideale per gli amanti della montagna: la salita si effettua generalmente lungo la cresta settentrionale, alla quale si accede o da S’Arena oppure dall’unica stazione sciistica del posto, Bruncu Spina. Il percorso è panoramico e, a parte il vento violento che può soffiare sulle creste, non presenta alcuna difficoltà.
L’intera zona è definita parco nazionale, fondata nel 1998 nonostante la forte riluttanza locale, per proteggere le sue foreste secolari, regno delle aquile reali e dei mufloni. Il Gennargentu è una destinazione che unisce i piaceri del mare, della montagna, dell’ecoturismo e dell’immersione culturale e che è, quindi, molto apprezzata dagli escursionisti e dagli amanti della natura.
Gennargentu: il percorso
Dall’abitato di Fonni, una stradina porta al punto di partenza: il rifugio S’Arena, situato a quota 1500 metri. È un grande edificio, stranamente abbandonato. Il percorso inizia con alcuni tornanti, che si avvitano su un’ampia carrareccia. Ben presto, compaiono le prime chiazze di neve, prova che gli inverni, da queste parti, sono rigidi.
Il sentiero si dirige dolcemente verso est, fino al passo di Arcu Artilai. Una volta superato il passaggio, si prosegue a mezzacosta, sul versante sud-ovest. Il terreno perde leggermente quota fino a un ovile diroccato, poi sale dolcemente fino ad un secondo passo, l’Arcu Gennargentu. Qui, si incontrano i due classici itinerari di salita: quello che proviene dal comprensorio sciistico Bruncu Spina è senza dubbio un po’ più corto, ma anche meno interessante.
Proseguendo verso sud, tra i nevai, si raggiunge in pochi minuti la Punta della Croce, a 1829 m. La maggior parte degli escursionisti si ferma qui, ritenendo che sia la vetta della montagna. Invece, non è così. In realtà, infatti, il vero pezzo forte si trova un po’ più lontano, a soli cinque minuti di cammino. Questo, almeno, indicano le carte topografiche. È lì che svetta Punta La Marmora, a 1834 metri, il tetto della Sardegna.
L’isola, per quanto vasta, è ben visibile da quassù, così come gli umili villaggi di pastori, sparsi nella macchia mediterranea. Il Gennargentu è un po’ l’essenza del carattere sardo: seducente per la sua autenticità e la bellezza dei paesaggi, ma anche duro e aspro per le condizioni di isolamento.
Scendendo, si incontra Punta Florisa, a 1822 metri. Una volta raggiunto l’Arcu Gennargentu, si hanno due opzioni: tornare sullo stesso sentiero dell’andata oppure partire dalla cima, cioè percorrere integralmente le creste. Se si decide per questa seconda possibilità, dopo Punta Paulinu, il sentiero riporta a Bruncu Spina, l’altra montagna portabandiera della zona e la seconda vetta più alta della Sardegna.
Piegando a ovest, ecco ricomparire l’Arcu Artilai. A questo punto, risalendo leggermente di quota, si incrociano altre due cime, poco individuate: il Bruncu de Maide, a 1703 m, e la Punta Erba Irdes, a 1689 metri.
Gennargentu: cosa fare
Per chi ama l’aria di montagna, ma non predilige le scalate, le opzioni sono diverse.
Trekking a Tiscali
È il sito preistorico più bello della Sardegna: il villaggio fu costruito in una gigantesca cavità naturale, nel cuore della montagna calcarea.
Entrando nella dolina, questa enorme grotta, è la quantità di sassi sul terreno che colpisce: ovunque, ci sono cumuli più o meno alti di sassi color ocra. Alcuni muri sono sopravvissuti o sono stati ricostruiti, ma per il resto bisogna seguire il disegno formato dalle rovine per indovinare la disposizione interna delle case. Le abitazioni erano molto piccole e sono raggruppate in due zone distinte: nella prima, le costruzioni sono quadrate, mentre nella seconda sono rotonde. I resti umani riportano all’epoca nuragica (XIII secolo a.C.). Gli scavi non sono stati condotti in modo sistematico e molte informazioni restano un mistero: chi sono le persone che abitavano questo villaggio? Cosa facevano in questo luogo inospitale? Furono costrette a ritirarsi lì a seguito di un’invasione? Perché il sito è stato abbandonato? Tiscali, insomma, è il luogo ideale per dare ampio sfogo alla fantasia e per esplorare un sito archeologico ancora poco conosciuto.
La fonte Su Gologone
Si trova sulla strada da Oliena a Dorgali, è una sorgente carsica dalla quale sgorga acqua verde e trasparente: scarica 300 litri d’acqua al secondo, è la più grande della Sardegna e una delle maggiori d’Italia. Il luogo invita alla contemplazione e attira malinconici, paesaggisti, ma anche subacquei e speleologi che si lanciano alla scoperta delle viscere del Supramonte.
Orgosolo
È davvero una tappa obbligata in Sardegna, soprattutto per chi è appassionato di street art. Il villaggio, infatti, sfoggia quasi 400 dipinti, principalmente politici. Ogni anno nuovi progetti si aggiungono a quelli già esistenti.
Orgosolo, oggi, è un comune di appena 5 mila abitanti, arroccato a 620 m di altitudine in mezzo a pascoli e rilievi. Nonostante le dimensioni, la sua storia è stata molto movimentata. Conquistata da fenici, romani, spagnoli e italiani del continente, la città, ogni volta, si è rivelata ribelle. Nel XX secolo un’iniziativa locale rivoluzionò l’aspetto del paese. Lanciata originariamente da insegnanti che volevano ricordare la resistenza dei partigiani all’ordine fascista, l’idea di rivestire le pareti con affreschi riscosse grande successo. Oggi, la gente del posto e i visitatori vagano tra centinaia di dipinti a cielo aperto. Due sono i temi che predominano: la lotta politica e la cultura tradizionale.
La leggenda del bandito sardo nasce sia da voci di contrabbandieri in fuga da tendenze insurrezionali locali, sia da farneticazioni pseudoscientifiche dell’italiano Cesare Lombroso, che vedeva nella forma dei teschi un mezzo per identificare una determinata personalità. Una delle sue ossessioni, infatti, era proprio la forma della testa sarda, che secondo lui dovrebbe spiegare una certa predisposizione alla criminalità.
Gennargentu: come arrivare
Ma come arrivare al Gennargentu? Il percorso più breve è quello che parte da Porto Torres, ma è anche possibile arrivare a Cagliari e risalire poi verso la parte centro orientale dell’isola. Per una full immersion, il Trenino verde è un’opzione irrinunciabile: si tratta di un servizio che si snoda attraverso Arbatax, Mandas e Sorgono. L’alternativa è costituita dalle Autolinee sarde, che offrono diverse corse, ogni giorno.
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