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Passione murales, i sogni di Napoli colorano il mondo
La città si racconta attraverso spruzzi di vernice. Nasce dal cuore del capoluogo campano una sorta di «rivoluzione culturale» che apre ai sentimenti e conquista il mondo.
di Marco Molino
Nel cuore delle grigie mura sono imprigionati i sogni e la voglia di riscatto della città incessante, ma un’esplosione di colore sulla pietra nuda potrebbe aprire il varco giusto ai sentimenti. E se un volto colossale prende forma tra le finestre degli ultimi piani, sappiamo che si tratta senza dubbio dell’opera di un creativo del graffito, uno di quei talentuosi street artists che negli ultimi tempi hanno regalato una personalità a molti anonimi palazzi di Napoli e dintorni. Dal santo operaio al campione scugnizzo, sorprendenti murales emergono dalla nebbia della vernice a spruzzo per reinterpretare gli umori di interi quartieri, dominando spazi verticali che fino a poco prima erano solo mute geometrie.
Tutto è cominciato con la voglia di lasciare un segno. Come in ogni metropoli, anche le superfici pubbliche del capoluogo partenopeo sono state da sempre la tela ideale su cui tanti giovani, armati di una bomboletta spray, hanno provato a comunicare il loro marasma interiore in forme talvolta pregevoli. Quelle immagini sono il codice genetico del nuovo millennio, testimonianze di un’epoca che col tempo hanno guadagnato autorevolezza e metri quadrati al punto da diventare le tappe di un singolare itinerario turistico.
Colui che maggiormente incarna lo spirito di questo piccolo contingente di pittori anticonformisti, è senza dubbio il trentaduenne Ciro Cerullo, meglio noto come Jorit Agoch, che ha iniziato da adolescente ad incidere i muri dimenticati dell’hinterland napoletano ed oggi lascia il suo tratto inconfondibile sui grattacieli di mezzo mondo. «Ho dipinto tantissimo negli Usa e in Sudamerica, in Russia, Cina e nei paesi Africani – racconta lo schivo artista nato a Quarto Flegreo –, ma è nella mia terra che più spesso sono riuscito a coniugare fantasia e impegno civile. Come nel caso del murale di San Gennaro a Forcella, per il quale mi ha ispirato l’intensa fisionomia di un amico manovale. L’opera è all’ingresso di un quartiere considerato pericoloso, eppure organizzano bus turistici per ammirarla».
I personaggi ritratti da Jorit ostentano due cicatrici tatuate su entrambe le guance, simbolo di orgoglio ferito che si tramuta in rivolta. Le scorgiamo anche sul volto fiero di Diego Armando Maradona che campeggia sulla facciata di un palazzo alveare di San Giovanni a Teduccio. Il fuoriclasse argentino è definito “Dios umano”, per sottolineare le contraddizioni del suo animo. Inquietudini simili a quelle che traspaiono dallo sguardo di Pier Paolo Pasolini, raffigurato a Scampia, e dell’attivista Ilaria Cucchi, immortalata nel quartiere Arenella.
L’interesse che accompagna attualmente il fenomeno ha incoraggiato altri artisti locali a scatenare la loro inventiva negli angoli più disparati della città. E allora può capitare di incontrare nei Decumani un improbabile Caravaggio riprodotto mentre legge il giornale dall’estrosa Roxy in the Box (all’anagrafe Rosaria Bosso), o i saltimbanchi da favola di Cyop&Kaf che si rincorrono sulle pareti dei bassi. Molte di queste opere sono eseguite grazie a sottoscrizioni di comitati civici e associazioni. Alcune sono realizzate addirittura a titolo gratuito, anche per promuovere l’attività che questi performers svolgono per committenti privati. I murales di grandi dimensioni sono però spesso finanziati con appositi bandi comunali.
Ma al di là del sostegno economico, persiste una genuina ansia civile nell’arte di strada che non ha confini, come conferma il delicato profilo azzurro che intenerisce i passanti della Pignasecca dall’alto di un palazzo di quattro piani. Lo ha dipinto nel 2018 il maestro romano David Vecchiato in memoria del piccolo Mattia, scomparso all’età di sette anni a causa di una malattia rara. Un episodio che ha commosso gli abitanti di Montesanto. L’associazione culturale Urban Neapolis ha commissionato diversi murales per interpretare questi forti sentimenti collettivi e promuovere la rigenerazione del centro storico con opere che “raccontano” il territorio.
Accade lungo Salita Tarsia dove incrociamo un enorme gatto dal pelo fulvo e un torvo uccellaccio che osservano famelici un pesciolino intrappolato in una boccia di vetro colma d’acqua. È l’affresco creato da Ericalcaine & Sordomuto come metafora della disabilità infantile, una condizione di fragilità e isolamento provata da molti ospiti dello spazio sociale Damm del parco Ventaglieri che l’artista polacco M-City ha rimodellato con i suoi stencil per far emergere l’anima proletaria dell’edificio.
Nonostante i murales siano ormai un canone espressivo irrinunciabile della città moderna, la concessione degli spazi rimane complessa e limitata da vincoli monumentali e paesaggistici. L’iter burocratico diventa meno tortuoso quando le opere sono sponsorizzate da enti riconosciuti per il loro impegno sociale. L’osservatorio sulla creatività urbana Inword non ha infatti avuto problemi per mettere a disposizione di Walli e Alita un muro perimetrale del Vomero lungo 38 metri su cui i due street artists milanesi hanno idealmente ripercorso la vita di Giancarlo Siani, il coraggioso giornalista ucciso dalla camorra nel 1985.
L’arte di strada è una sorta di tam tam visivo che tramanda i valori, ma pure quel senso di appartenenza che può germogliare transitando nel rione Sanità sotto l’affresco di Totò (nato tra questi vicoli nel 1898) e Peppino De Filippo, protagonisti del film “La banda degli onesti”. Lo spagnolo Tono Cruz e il cileno Mono Gonzalez non hanno semplicemente dipinto i due grandi attori: li hanno riportati a casa. Perché Napoli può raccontarsi anche con uno spruzzo di vernice.
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