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I malloreddus: piatto tradizionale delle feste sarde
Ci sono ricette iconiche che nel tempo assumono un valore identitario, in rappresentanza del loro territorio di provenienza. Per la Sardegna, questo ruolo può essere attribuito ai tradizionali Malloreddus o gnocchetti sardi.
Conosciuti in tutto il mondo, sono protagonisti di sagre, occasioni speciali e pranzi domenicali.
Questa ricetta risale alla millenaria civiltà contadina, quando la coltura del grano rappresentava la principale fonte di sostentamento della popolazione.
La Sardegna, inoltre, durante l’impero romano venne definita “il granaio di Roma” a testimoniare che non solo il grano rappresentasse la sua produzione d’eccellenza, ma la sua abbondanza era tale da sfamare tutta Roma e buona parte della penisola. Ciò spiega ancora oggi come proprio il grano di semola rappresenti l’elemento storico di questo piatto!
Etimologicamente, esistono diverse versioni che chiariscono l’origine del nome malloreddus.
Secondo una prima interpretazione, deriverebbe dalla parola latina “mallolus”, che significa “morso, boccone”.
Per una seconda interpretazione, il nome farebbe riferimento alla parola “malloru” (toro) e indicherebbe dei “vitellini”, data la forma panciuta che le palline assumono dopo esser state schiacciate su un tradizionale cestino detto ciuliri. È grazie alla pressione su questo cesto di paglia che assumono anche le tipiche scanalature.
La versione più tradizione del piatto è quella che ha come condimento il ragù di salsiccia ed un pizzico di zafferano: in questo caso sono conosciuti come malloreddus alla campidanese, in riferimento alla vasta pianura del Campidano, che si estende da Cagliari ad Oristano, nella parte sud-occidentale dell’isola.
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